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Giusto De’ Menabuoi – il Paradiso

Anima di Cristo, santificami.
Corpo di Cristo, salvami.
Sangue di Cristo, inebriami.
Acqua del costato di Cristo, lavami.

Passione di Cristo, confortami.
O buon Gesù, ascoltami.
Dentro le tue piaghe, nascondimi.
Non permettere che io mi separi da Te.
Dal nemico maligno, difendimi.
Nell’ora della mia morte, chiamami.
Fa’ che io venga a Te per lodarTi
con tutti i santi nei secoli dei secoli.
Amen.

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Dal nemico maligno difendimi

Il danno della nostra cultura attuale è stato la negazione di Dio e del suo nemico maligno. Dio esiste e anche il suo avversario: “Lucifero” ha diviso la schiera degli Angeli, mettendosi a capo dei ribelli. È diventato “Satana”, che significa “avversario” e “Diavolo”, che significa “colui che divide”.

Nel giardino della creazione ha insidiato Adamo, con la moglie, ed essi hanno ceduto alla tentazione (Genesi c. 3). Ha tentato Caino, seminando nel suo cuore invidia e odio verso Abele, e armando la sua mano affinché uccidesse il fratello ignaro ed inerme. (Genesi 4, 8).

Anche Gesù – il nuovo Adamo – è stato tentato dal Diavolo ma ha respinto l’arroganza di Satana con la potenza della parola di Dio (Matteo c. 4). Da subito ha iniziato a liberare gli indemoniati (Marco 1, 32).

Quando gli Apostoli non riuscirono a liberare un indemoniato, Gesù disse loro: “Questa specie di demoni non si può scacciare in alcun modo se non con la preghiera” (Marco 9, 28).

La tentazione è condizione normale anche per noi discepoli, come lo fu per il Maestro Gesù. Satana è più forte di noi, ma Gesù è più forte di lui. Di fronte a Gesù, Satana deve soccombere.

Il Diavolo mette in opera i suoi artifici perché noi attuiamo il suicidio dell’anima, ribellandoci a Dio. Talvolta egli spinge anche al suicidio del corpo.

Ernest Hemingway, scrittore americano, Premio Nobel per la letteratura, ateo, in uno dei suoi 49 racconti ha composto una parodia del Padre Nostro, per invocare il Dio del nulla, o meglio il nulla diventato Dio: “O nulla nostro che sei nel nulla, sia nulla il tuo nome, nulla il regno tuo, e sia nulla la tua volontà, così in nulla come in nulla. Dacci oggi il nostro nulla quotidiano. Ave nulla, pieno di nulla, il nulla sia con te”. Hemingway si suicidò con un colpo di fucile nel 1961: non si può vivere di nulla! Penso che questa preghiera blasfema gli sia stata suggerita dal “nemico maligno”, colui che è “omicida fin dall’inizio”. (Giovanni 8, 44).

Nell’ora della mia morte chiamami

Ogni vita umana è destinata alla conclusione. Quando vedi una culla con una nuova vita, sai benissimo che a suo tempo ci sarà una bara. È come l’alfabeto, che ha una prima ed un’ultima lettera. Di solito si fa riferimento all’alfabeto greco, che inizia con Alfa (Ά)e termina con Omega (Ώ).

La sapienza dei nostri vecchi diceva che dopo i sessanta, gli anni vanno a due a due … dopo i settanta, vanno a tre a tre … e dopo gli ottanta, vanno a rotoli. Io, novantenne, mi sento in lista d’attesa.

Per chi non ha fede la morte è “la fine”, ma per chi ha fede è “il fine”. Recitando ogni giorno il Rosario, il cristiano ricorda cinquanta volte: “… l’ora della nostra morte” invocando la presenza di Maria, nostra Madre e di Gesù, nostro Salvatore, che disse come ultime parole: “oggi sarai con me in Paradiso” (Luca 23, 43). La tradizione cristiana presenta San Giuseppe come patrono della buona morte e molti artisti hanno lasciato l’immagine di lui “l’uomo giusto” (Matteo 1, 19) che ha al capezzale la sposa e il figlio putativo.

Consapevoli che Dio ci chiama alla vita e ancora Dio ci chiamerà a concluderla, vorremmo avere la serenità del Cardinal Martini negli ultimi tempi della sua presenza tra noi, quando accennava alla morte diceva: “Quando sarà Lei a bussare, sarà Lui ad entrare” (Lei è la Morte, Lui è il Signore). Vorremmo avere anche il coraggio dei cristiani martirizzati dall’ISIS, che si sono lasciati decapitare con le braccia aperte in forma di croce, per testimoniare la loro fede nel Crocifisso.

Comandami di venire a Te

Quando il Signore chiama, si deve andare verso di Lui. Una volta Pietro scese dalla barca per andare incontro a Gesù, ma aveva paura di affondare e il Maestro lo prese per mano dicendogli: “Uomo di poca fede, perché hai dubitato?” (Matteo 14, 21).

Quando una persona si avvicinava alla morte, nei vecchi tempi, si chiamava il Parroco per dare al morente un Sacramento impropriamente chiamato “Estrema Unzione”. In realtà questo gesto cristiano è per la consolazione dei malati e viene denominato “Unzione degli infermi”. Esso si amministra agli anziani oppure ad un malato alla vigilia di un intervento chirurgico importante.

L’ultimo Sacramento dei cristiani è la Santissima Eucarestia data come “viatico”: il fedele può morire, per così dire, con in bocca l’Ostia: “Mistero della Fede”. Per questo motivo all’invocazione tradizionale: “Gesù, Giuseppe, Maria, vi dono il cuore e l’anima mia …” si aggiunge la quarta invocazione: “fate che il mio ultimo cibo sia la Santissima Eucaristia”. Con gioia pura e ingenua abbiamo fatto la Prima Comunione. Dopo l’ultima sulla terra, entriamo nella Comunione eterna con l’Agnello immolato.

Ti lodi coi tuoi Santi, nei secoli dei secoli

Un Santo Sacerdote, apostolo dell’Eucaristia, San Giuliano Eymard, ripeteva frequentemente: “L’Eucaristia crea i Santi; il cielo li incorona”.

L’Eucaristia per qualche setta protestante è solo una cena, una tavola. Per noi cattolici, per Sant’Ignazio, è sì una tavola, ma sormontata dalla croce del Crocifisso Risorto.

L’invocazione di Sant’Ignazio di Loyola, cui abbiamo dedicato queste tre riflessioni, è straordinariamente ricca, perché congiunge questa nostra vita con la vera Vita, il tempo con l’Eternità.

Dalla Croce vittoriosa di Cristo Crocifisso, noi riceviamo immensi tesori spirituali: la santità, la salvezza, l’entusiasmo inebriante, la purificazione dal male, il conforto nelle difficoltà, l’ascolto delle nostre preghiere, il rifugio nei momenti trepidi, il legame dei tralci alla Vite, la difesa dalle prepotenze di Satana, e infine, dopo la nostra morte, l’incontro con Gesù, immolato nella Cena e sulla Croce.

Nelle Eucaristie terrene noi pronunciamo qualche “Amen” “Alleluya” “Hosanna”.

Nella liturgia del Paradiso potremo godere con tutti i Santi la gioia vera e piena degli eterni “Amen”, degli interminabili “Alleluya”, degli “Hosanna” senza fine.

                                                                      Mons Claudio Livetti