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Una lettrice proclama la Parola di Dio

La storia dell’universo, raccontata nei primi capitoli del libro della Genesi, inizia quando la Parola di Dio squarcia il silenzio: “E Dio disse”.

Vi è una bella descrizione nel Libro della Sapienza (18, 14-15): “Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose, e la notte era al metà del suo corso, la tua Parola onnipotente dal cielo, dal tuo trono regale, si lanciò in mezzo a quella terra, portando, come spada affilata, il tuo ordine”.

La preghiera del Popolo di Dio

Ci sono tanti tipi di preghiera: anche il musulmano prega, anche un indù, anche un buddista, anche un animista, anche una persona che ha un senso religioso generico. Alcune preghiere di Tagore dicono delle cose magnifiche. Ma qual è la differenza tra tutte queste preghiere e quella del Popolo di Dio? Esso può pregare solo ascoltando la Parola di Dio e dando risposta ad essa.

I nostri Fratelli Maggiori Ebrei erano avidi di ascoltare Dio e di parlare con Lui. Nell’Antico Testamento si trovano tanti Cantici, Salmi e preghiere di uomini giusti.

È stupendo questo testo di Geremia (15, 16): “Quando le tue parole mi vennero incontro le divorai con avidità; la tua Parola fu la gioia e la letizia del mio cuore, perché il tuo Nome è invocato su di me, Signore, Dio degli eserciti”.

Noi cristiani, come gli ebrei siamo considerati “Religione del Libro”. In realtà noi siamo soprattutto “Religione di una persona: Gesù Cristo, il Verbo di Dio fatto carne”. Mi piace citare il prologo del Vangelo di Giovanni nella traduzione interconfessionale: “Al principio, prima che Dio creasse il mondo, c’era Colui che è la Parola … Colui che è la Parola è diventato un uomo ed ha vissuto in mezzo a noi uomini. Noi abbiamo contemplato il suo splendore divino … Nessuno ha mai visto Dio: il Figlio Unico di Dio, quello che è sempre vicino al Padre, ce l’ha fatto conoscere” (Giovanni 1, 1.14.18).

Gli Apostoli hanno avuto la fortuna di avere come interlocutore la Parola fatto carne e percepire la sublimità del suo linguaggio. Nel vangelo di Giovanni dopo l’allontanamento di alcuni, troviamo questo dialogo: “Gesù domandò ai dodici: forse volete andarvene anche voi? Simon Pietro rispose: Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole che danno la vita eterna. E ora noi sappiamo e crediamo che tu sei quello che Dio ha mandato” (Giovanni 6, 67-69).

A noi le parole di Gesù sono tramandate dai Vangeli. Le conosciamo indirettamente ma le accogliamo nella fede. Come un bambino piccolo ascolta le parole dei genitori e poi risponde a loro con lo stesso linguaggio, anche noi ascoltiamo la Parola di Dio e poi ci rivolgiamo a Lui con le stesse parole.

Gesù ha voluto darci il “modello” della preghiera, insegnandoci il Padre Nostro. Noi lo introduciamo solitamente con questa premessa: “Obbedienti alla Parola del Salvatore e formati al suo divino insegnamento osiamo dire … “.

Non parliamo a Dio in maniera imprecisa e approssimativa, come quegli ateniesi che avevano costruito un altare al Dio ignoto. Quando San Paolo giunge da loro li rimprovera e spiega loro chi è il vero Dio. (Atti 17, 22-33).

La Bibbia nella Messa

L’atto di culto più alto del cattolicesimo si compone di due momenti: la Liturgia della Parola (Mensa verbi) in cui il protagonista è il Libro e la Liturgia Eucaristica (Mensa corporis) in cui protagonista è la tavola. La prima parte è importante perché si possa comprendere e vivere intensamente la seconda.

Ogni domenica l’assemblea dei fedeli ascolta attentamente la pagina di un Profeta, risponde con un ritornello, spesse volte cantato, ad un Salmo, ascolta una Lettera di un Apostolo e infine un brano dei quattro Evangeli.

I lettori e le lettrici hanno un ministero molto importante, da svolgere con una buona preparazione, una perfetta dizione e la convinzione che occorre avere una grande dignità di comportamento nel presentarsi all’ambone: ciò che pronunciano non è la “lettura” di un resoconto giornalistico, non è la “declamazione” di una poesia, ma è la “proclamazione” di un messaggio superiore, scritto materialmente da uomini ma suggerito dallo Spirito Santo e suggellato dalla conclusione: “Parola di Dio”.

Affinché il messaggio della parola proclamata giunga al cuore dei fedeli, il Prete che presiede il rito ne dà una spiegazione, detta “omelia”. In alcune comunità più progredite e partecipanti l’omelia è preparata durante la settimana dal Prete con un gruppetto di religiosi e di laici.

La Bibbia nella Liturgia delle Ore

Essa è composta in gran parte dai Salmi e dai Cantici della Sacra Scrittura: Antico e Nuovo Testamento. In molte Parrocchie al mattino vengono recitate comunitariamente le “Lodi” e alla sera i “Vesperi”. Anche in questa recitazione si può cadere nella banalità e monotonia, se non c’è una opportuna preparazione e la lentezza, dignità e meditazione. Nell’antichità questi testi erano pregati soltanto dal Clero e dai Monaci. Costoro, nel silenzio delle loro celle, li leggevano pazientemente ed esaurientemente, prima di riunirsi a recitarli in Comunità. Si era addirittura coniato il verbo “ruminare” per indicare l’insistenza con la quale i Monaci masticavano e ritornavano a masticare la Parola di Dio.

Esempio di questa “ruminazione” è Maria: “Ascoltava tutte queste cose e le meditava nel suo cuore” (Luca 2, 19). Dopo essere stata alcuni anni al Tempio di Gerusalemme, leggendo le Scritture, aveva raggiunto quell’altezza e maturità di fede che le fece proclamare: “L’anima mia magnifica il Signore…” (Luca 1, 46-55). Quando questa Parola non è soltanto espressa sulle labbra, ma il cuore si è lasciato formare, plasmare e macerare dalla sua forza trasformante, allora ci si incammina sul sentiero dell’obbedienza. È ancora Maria che dice: “Eccomi sono la serva del Signore, avvenga in me secondo la sua Parola” (Luca 1, 38).

La Bibbia nella preghiera personale

Il Pastore protestante Bonhoeffer invita al silenzio prima di avvicinarsi alla Parola di Dio, in modo che il ritmo della preghiera personale sia: “Silenzio; Parola di Dio a me; mia parola a Dio; obbedienza alla Parola”.

Facciamo silenzio
prima di ascoltare la Parola,
perché i nostri pensieri
sono già rivolti verso la Parola.

Facciamo silenzio
dopo l’ascolto della Parola,
perché questa ci parla ancora,
vive e dimora in noi.

Facciamo silenzio
la mattina presto,
perché Dio deve avere la prima Parola,
e facciamo silenzio
prima di coricarci,
perché l’ultima Parola
appartiene a Dio.

Facciamo silenzio
solo per amore della Parola.

                                       Mons. Claudio Livetti

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