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Il crocifisso che parlò a San Francesco

Eccomi, o mio amato e buon Gesù
che prostrato, alla santissima tua presenza,
ti prego col fervore più vivo
di stampare nel mio cuore
sentimenti di fede,
di speranza, di carità,
di dolore dei miei peccati,
e di proponimento di non più offenderti,
mentre io con tutto l’amore
e con tutta la compassione
vado considerando
le tue cinque piaghe,
cominciando da ciò che disse di Te,
o Gesù mio,
il santo profeta Davide:
«Hanno trapassato le mie mani e i miei piedi,
hanno contato tutte le mie ossa».

Nelle domeniche di Quaresima,
si può acquistare l’indulgenza plenaria
recitando devotamente questa preghiera
davanti al Crocifisso dopo essersi comunicati

Eccomi prostrato alla tua presenza

Il Primo in assoluto a pronunciare: “Eccomi” è il Verbo, la Seconda Persona della Santissima Trinità, che obbedisce al Padre, diventando uomo per morire in Croce e poi risorgere. (Cfr. Ebrei 10, 5-7).

Anche Maria pronuncia: “Eccomi sono la serva del Signore” (Luca 1, 38). Eva e Adamo, invece, si nascondono per non farsi trovare da Dio. (Cfr. Genesi 3, 8).

I discepoli di Emmaus si allontanano delusi dalla Croce, ma Gesù si mette in cammino con loro, per far comprendere che debbono tornare a Gerusalemme, al Calvario e al Sepolcro vuoto (Luca 24, 13-35).

Prostrarsi in adorazione è l’atteggiamento riverente di Mosè, davanti al roveto ardente (Esodo 3, 1-6).

È anche il gesto adorante dei Magi che offrono a Gesù, il neonato Re dei Giudei, oro, incenso e mirra. (Matteo 2, 1-12).

Maria di Magdala, l’Apostola degli Apostoli, quando nel giardino della Risurrezione, si sente chiamata per nome da Gesù, che precedentemente non aveva riconosciuto, cade in ginocchio esclamando: “Rabbunì” – cioè Maestro mio – (Giovanni 20, 16).

L’Apostolo Tommaso, dapprima incredulo, quando fu invitato da Gesù a toccare le piaghe e mettere la mano nella ferita del fianco, cadde in ginocchio esclamando in lacrime di gioia: “Mio Signore e mio Dio” (Giovanni 20, 28).

Il cerimoniale del Venerdì Santo prescrive che i Sacerdoti e i chierichetti, intronizzino il Crocifisso, facciano una triplice genuflessione e si accostino a baciare i piedi al Signore.

Stampa nel mio cuore sentimenti di fede

La nostra vita cristiana non è un foglio in bianco. Infatti la Croce di Gesù vi è già stampata ben quattro volte nel Sacramento del Battesimo.

1. Nel momento di accoglienza, la Croce è tracciata sulla fronte dal Ministro, dai genitori e dai padrini.

2. Dopo la preghiera di esorcismo, la Croce è tracciata sul petto con l’Olio dei Catecumeni, olio della lotta contro Satana.

3. La formula sacramentale è pronunciata con le parole del segno di Croce, mentre si compie, nel rito ambrosiano, la triplice immersione.

4. Mentre si dice la formula che consacra il battezzato a Cristo Sacerdote, Re e Profeta, la Croce è impressa sulla fronte col Sacro Crisma.

Nel Sacramento della Cresima, che è la confermazione consapevole del Battesimo, la fronte è ancora consacrata col Sacro Crisma dal Vescovo, che traccia una Croce e pronuncia le parole: “Ricevi il sigillo dello Spirito Santo che ti è dato in dono”. Sigillo significa timbro di fuoco, segno indelebile.

La Croce del Crocifisso Risorto è la sorgente della Fede.

Il Cardinale Scola ci invita a non separare mai la Croce dalla Risurrezione: il “Crocifisso” dal “Risorto”.

La Croce e la morte sono un passaggio, ma non la condizione definitiva dell’uomo – Gesù e di ogni uomo.

La Quaresima stessa non è un cammino verso il Venerdì Santo, anche se ci mettiamo davanti al Crocifisso col pensiero di San Carlo: “Stando davanti a Lui, come non ci copriamo di confusione?”

La Quaresima è un cammino vero la Pasqua: Cenacolo, Calvario, Sepolcro vuoto.

Nel momento stesso della morte di Gesù, un centurione pagano, un graduato dell’esercito romano venuto da chissà dove e presente per caso sul Calvario perché era il suo turno di servizio, ha capito ed esclamato: “Veramente costui era il Figlio di Dio” (Matteo 27, 54).

Quasi sicuramente in quell’ora delle tenebre Giovanni Evangelista, l’unico Apostolo presente alla crocifissione con Maria, fu folgorato da una intuizione che ha scritto poi nel Prologo del Vangelo: “Era Dio … Era in principio presso Dio … Tutto è stato fatto per mezzo di Lui … Era la vita e la luce vera, quella che illumina ogni uomo … Era il Verbo fatto carne, dal quale abbiamo ricevuto la pienezza della grazia e della verità” (Cfr. Giovanni 1, 1-18).

San Paolo afferma che senza la Risurrezione di Gesù la nostra fede sarebbe fasulla: la Pasqua è la firma di Dio sulla divinità di Cristo (Cfr. I Corinti cap. 15).

La crocifissione però è già Pasqua, nel suo primo tempo di morte. Paolo ha ragione ma non hanno torto Francesco e i mistici che dicono: “Non abbiamo bisogno di vederti uscire dalla tomba. Anche lì sulla croce ci convinci e ci affascini. Sappiamo che non sei uno sconfitto ma un vincitore. Sei su un trono rozzo e hai in capo una corona stranissima, ma tu sei il Re. L’aveva scritto Pilato, quasi per scherzo, ma quando i capi dei giudei volevano cancellarlo, Pilato ha decretato che la parola Re è scritta e rimane scritta!” (Cfr. Giovanni 19, 19-22).

Le prove nella fede

La Fede è messa alla prova dai misteri. Qualcuno ritiene misterioso ciò che è troppo oscuro e indecifrabile. In realtà è misterioso ciò che è troppo luminoso: chi può guardare in faccia al sole senza essere accecato? I misteri non sono verità che non si capiscono, ma intuizioni profonde che non si finisce mai di capire. Non basta una fede superficiale e pressappochista. Questa virtù deve essere approfondita con lo studio umile, l’ascolto attento, la preghiera fervorosa.

Quando qualcuno mi dice di essere insoddisfatto del cattolicesimo e di voler approdare ad un’altra religione, io ripeto il vecchio proverbio orientale: “Se il tuo pozzo non ti disseta, non scavarne un altro, ma approfondisci il tuo”.

Il Beato Cardinal Newmann diceva: “Mille difficoltà non fanno un dubbio”. La fede vera supera le difficoltà concettuali, le precomprensioni, la mentalità ostile e non toglie la certezza.

La fede è messa alla prova quando non vediamo esaudite le nostre richieste nella preghiera. Nelle due formulazioni del Padre Nostro: quello di Matteo (6, 9-13) e Luca (11, 2-4) non si chiede l’esaudimento delle proprie pretese ma la realizzazione della volontà di Dio. Possiamo dire che c’è un terzo Padre Nostro in un unico versetto del Vangelo di Marco (14, 36) nel giardino degli ulivi: “Padre, tutto è possibile a Te! Allontana da me questo calice. Però non ciò che voglio io ma ciò che vuoi Tu”.

L’esito finale di ogni preghiera cristiana deve essere sempre fare la volontà di Dio.

Dante nella Divina Commedia dice: “E ‘n la sua voluntate è nostra pace” (Paradiso canto III).

Il Pastore protestante Bonhoeffer non si stancava di ripetere: “Quando preghiamo, ricordiamoci che Dio non esaudisce le nostre pretese, ma mantiene le sue promesse”.

La fede è messa alla prova anche da fatti dolorosi, come guerre, catastrofi naturali, incidenti, malattie inguaribili, forti contrasti, perdita di persone care.

Una fede radicata, tuttavia, supera anche tutte queste difficoltà esistenziali. San Paolo avrebbe avuto tantissimi motivi per sentirsi tradito e abbandonato da Gesù, che l’aveva afferrato sulla via di Damasco. Nonostante una vita avventurosa, piena di travagli, lacrime e prove, afferma: “Il mio sangue sta per essere versato in libagione ed è giunto il momento di sciogliere le vele. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede”. (II a Timoteo 4, 6-7).

La preghiera per la Fede

Don Umberto Colombo dice: “La Fede non è un porto dove ci si rifugia, ma è un navigare, comunque sia il mare”.

Natalia Ginzburg afferma: “La Fede non è una bandiera da portarsi in gloria ma una candela accesa che si porta in mano tra pioggia e vento in una notte d’inverno”.

Per questa difficoltà, nel contesto dell’ultima cena, che è anticipazione del Sacrificio della Croce, con la duplice separata consacrazione del Pane e del Vino, Gesù ha pregato per la Fede di Pietro, che deve essere testimone per la fede della Comunità, solido come una roccia: “Simone, Simone ecco: Satana via ha cercati per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno; e tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli” (Luca 22, 31-32).

Giovanni dice che Gesù, durante la stessa cena, ha pregato anche perché la nostra fede e la nostra comunione fraterna aiuti il mondo a credere: “Padre non prego solo per questi (gli Apostoli a tavola con Lui) ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una cosa sola. Come, tu, Padre, sei in me, e io in te, siano anch’essi in noi perché il mondo creda che Tu mi hai mandato” (Giovanni 17, 20-21).

Alla preghiera di Gesù per la nostra fede, aggiungiamo anche la nostra personale invocazione:

Signore Gesù, crocifisso risorto, donami

la fede spontanea del centurione romano,

la fede solida di Simon Pietro,

la fede profonda dell’apostolo Giovanni,

la fede gioiosa di Francesco d’Assisi,

la fede collaudata di Paolo Apostolo.

Durante la Messa possiamo inginocchiarci alla Consacrazione e guardare intensamente l’Ostia e il Calice durante l’Elevazione, pronunciando le parole dell’Apostolo Tommaso “Mio Signore e mio Dio”.

Possiamo ripetere, ogni qualvolta vogliamo, la giaculatoria: “Signore, aumenta la mia fede”.

                                 Mons. Claudio Livetti

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