Intervista a Papa Francesco di ritorno in aereo da Lampedusa
Le lacrime sono una notizia e dunque hanno un mittente e un destinatario. Sono manifestazione dell’invisibile interiorità e portano con sé la visibilità di un messaggio indirizzato a chi è in grado di accoglierlo. L’amore è la migliore interpretazione del pianto.
Se piangi sulla culla del nipotino, significa: “Grazie che mi hai fatto diventare nonno”.
Se piangi alla laurea del figlio, significa: “Sono veramente fiero di te”.
Se piangi sulla tomba di una persona cara, significa: ”Mi manchi tanto”.
Se piangi di fronte a Dio, significa:” Ti prego”.
Le lacrime: dono da chiedere
Il Papa Francesco, ritornando in aereo da Lampedusa, dove aveva lanciato in mare una corona di fiori per i profughi annegati e ancora in aereo di ritorno da Tirana, dove aveva incontrato un anziano Sacerdote tenuto in carcere per lunghi anni (poi premiato con la porpora nel Concistoro del 2016), è uscito con la stessa espressione: “Piangere mi ha fatto tanto bene”.
Il Messale Romano prima della riforma del Concilio Vaticano II (1962 – 1965) riportava questa orazione: “Dio Onnipotente e mitissimo, che hai fatto scaturire dalla roccia una fontana di acqua viva per il popolo assetato, strappa dalla durezza del nostro cuore lacrime di compunzione, affinché possiamo piangere i nostri peccati e meritare, per la tua misericordia, il perdono”.
La Liturgia Ambrosiana ha questa bella preghiera del tardivo: “Signore, non chiudere la porta, se sono ardivo. | Non chiudere, vengo e busso alla porta. | Apri la porta, o Signore misericordioso a colui che ti cerca con le lacrime. | Lasciami entrare nel tuo convivio e porgimi il Pane del Tuo Regno”.
Un libro di preghiera bagnato di lacrime
È quello dei centocinquanta Salmi. Talvolta sembra di trovare qualche esagerazione:
“Sono stremato dai miei lamenti, | ogni notte inondo pianto il mio giaciglio, | bagno di lacrime il mio letto” (Salmo 6, 7).
“Abbi pietà di me, Signore, sono nell’affanno; | per il pianto si consumano i miei occhi, | la mia gola e le mie viscere” (Salmo 31, 10).
“Le lacrime sono il mio pane di giorno e di notte, |mentre mi dicono sempre: dov’è il tuo Dio?” (Salmo 42, 4).
“I passi del mio vagare Tu li hai contati, | nel tuo otre raccogli le mie lacrime: | non sono forse scritte nel tuo libro?” (Salmo 56, 9).
“Cenere mangio come fosse pane, | alla mia bevanda mescolo il pianto” (Salmo 102, 10).
“Torrenti di lacrime scorrono dai miei occhi, | perché non si osserva la tua Legge” (Salmo 119, 136).
Si tratta certamente di esagerazioni. Le lacrime non sono il traguardo dell’esistenza. Nei Salmi stessi si indica una via di uscita nella potenza di Dio e nel Suo intervento.
“Ascolta la mia preghiera, Signore, | porgi l’orecchio al mio grido, | non essere sordo alle mie lacrime” (Salmo 39, 13).
“Hai liberato la mia vita dalla morte, | i miei occhi dalle lacrime, | i miei piedi dalla caduta. | Io camminerò alla presenza del Signore nella terra dei viventi” (Salmo 116, 8 – 9).
“Io piango lacrime di tristezza; | fammi rialzare secondo la tua parola” (Salmo 119, 28).
Le lacrime dell’orante biblico non sono dunque irrimediabilmente angosciate, ma rimangono aperte alla speranza.
“Chi semina nelle lacrime, mieterà nella gioia. | Nell’andare se ne va piangendo, portando la semente da gettare, | ma nel tornare, viene con gioia, portando i suoi covoni” (Salmo 126, 5-6).
La vittoria sulle lacrime è confermata anche da questa visione profetica di Isaia: “Il Signore degli eserciti eliminerà la morte per sempre. | Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto, l’ignominia del suo popolo | farà scomparire da tutta la terra, | poiché il Signore ha parlato” (Isaia 25, 8).
Gesù l’uomo delle lacrime
Il Figlio di Dio, diventando uno di noi, non ha voluto essere un supereroe stoico e imperturbabile, ma ha condiviso tutta l’esperienza umana – eccetto l’errore e il peccato – e quindi ha vissuto anche la realtà delle lacrime.
Si è commosso di fronte alla vedova di Naim, che portava alla sepoltura l’unico figlio (Luca 7, 13).
Ha avuto compassione per la grande folla di seguaci che gli sembravano pecore senza pastore. Li istruì e li nutrì compiendo un miracolo (Marco 6, 34-44).
Ha pianto davanti alla tomba dell’amico Lazzaro, suscitando commenti positivi nei Giudei (Giovanni 11, 35-36).
Ha pianto entrando l’ultima volta in Gerusalemme (Luca 19, 41-44).
Ha pianto per il tradimento di Giuda (Matteo 26, 20-25), per l’abbandono dei discepoli (Matteo 26, 56), per il rinnegamento di Pietro (Matteo 26, 69-74). Ha pianto durante l’agonia nell’orto degli ulivi (Matteo 26, 36-46), addirittura col fenomeno della ematoidrosi (sudore di sangue) (Luca 22, 44).
L’autore della Lettera agli Ebrei sintetizza il sacrificio terreno di Cristo così: “Nei giorni della sua vita terrena Egli offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a Lui, venne esaudito” (Ebrei 5, 7).
Oltre le lacrime
Il superamento delle lacrime che abbiamo già intravisto negli scritti dell’Antico Testamento, ha lo stesso percorso nel Nuovo, che rende più esplicito ciò che era stato precedentemente rivelato. (Dei Verbum n.16).
Proclamando le Beatitudini, che sono un autoritratto, Gesù afferma: “Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati” (Matteo 5, 4).
Certamente autobiografico è il testo: “E’ venuta l’ora in cui il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità Io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Giovanni 12, 23-24). È l’esperienza del Venerdì Santo che si concluderà con la Pasqua.
Nel discorso affettuoso e confidenziale dell’ultima cena, Gesù fece coraggio agli apostoli: “In verità, in verità Io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia. Voi, ora, siete nel dolore, ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia” (Giovanni 16, 20.22).
La speranza della vittoria del bene sul male non viene dalla famosa frase: “resistere, resistere, resistere …” del Giudice Borrelli o dall’antico proverbio: “Ride bene chi ride ultimo”.
Abbiamo una promessa del Maestro e un regalo soprannaturale: “Ogni buon regalo e ogni dono perfetto vengono dall’alto e discendono dal Padre, creatore della luce” (Giacomo 1, 17).
Mons. Claudio Livetti